UNA STANZA PER UNA DONNA AFGHANA: LA PROPOSTA DI COOP SOCIALE IL MELOGRANO

#Unastanzaperunadonnaafghana. La propone la Cooperativa sociale il Melograno, attiva dal 1999 nel mondo dei servizi alle persone e alle comunità (disabili, anziani, famiglie e minori, migranti richiedenti asilo). La cooperativa, che conta circa 700 lavoratori e 500 soci, si è già messa a disposizione delle autorità governative e del territorio, decidendo di attivarsi anche individuando da subito una rete di famiglie – tra i propri soci, e tra chi vorrà aderire all’iniziativa – che possano mettere a disposizione una stanza per una donna afghana in fuga dal fondamentalismo talebano.
“Si tratta di mettere a disposizione  – dichiara convintamente la Cooperativa – gratuitamente una stanza per un periodo transitorio (al massimo tre mesi), per accogliere una donna costretta a scappare dalla guerra e dalla furia misogina dei talebani. Lo dobbiamo alle persone che abbiamo illuso con il nostro tentativo di esportare democrazia, lasciandole poi in balia dei fondamentalisti. Non possiamo stare fermi o in silenzio: siamo sicuri che la sensibilità dei nostri soci aiuterà – come già successo in passato – anche in questo momento tanto tragico. Ci siamo stati, ci siamo e ci saremo”.
“In queste ore – spiegano dalla Cooperativa – stiamo ascoltando con sconcerto le testimonianze dei rifugiati afghani che già sono presenti nella rete Sai e che stanno manifestando agli operatori la disperazione per chi è rimasto in Afghanistan. E’ positivo l’immediato attivismo dell’associazionismo, del Comune di Milano e di Anci Lombardia, che sta raccogliendo le disponibilità dei sindaci. Al governo chiediamo di allestire urgentemente corridoi umanitari protetti per permettere a chi fugge perché in pericolo di lasciare il paese in sicurezza”.
Il Melograno, cooperativa attiva in LegaCoop, organizzerà nei prossimi giorni un confronto con il mondo della cooperazione. “Ma intanto occorre assicurare l’evacuazione dall’Afghanistan di uomini, donne e bambini che rischiano la vita semplicemente per avere creduto nei valori della democrazia, della libertà di esprimersi e di studiare, accogliendoli attraverso l’ampliamento della rete SAI già presente nei territori, a cominciare dalle donne e dalle famiglie che rientrano nel programma di protezione definito dal Governo del personale civile afghano collaboratore del contingente militare nazionale. Non vogliamo vicariare o peggio sostituirci a nessuno, ma vogliamo dare nell’immediato un segnale concreto di fattiva disponibilità”.
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