DI.AGR.AMMI SUD IN CALABRIA: I MIGRANTI NON SONO PIÙ SOLI A COMBATTERE CAPORALI E SFRUTTAMENTO

Per mesi hanno battuto campi, agrumeti e piantagioni della Piana di Gioia Tauro, della Locride e di altre zone agricole del reggino per conquistare la fiducia dei braccianti stranieri, sondare le condizioni e gli orari di lavoro e convincerli a rivendicare una giusta retribuzione, una casa, una vita più sana e dignitosa.

Adesso quel drappello di operatori nel campo sociale, sindacale e giuridico comincia a tirare le somme del progetto approvato nel 2019 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e denominato Di.Agr.AMMI Sud, che sta per Diritti in agricoltura attraverso approcci multistakeholder e multidisciplinari per l’integrazione e il lavoro giusto. Il fine è quello di combattere il caporalato e lo sfruttamento in agricoltura in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, attraverso la collaborazione del terzo settore, delle istituzioni, dei sindacati, delle aziende agricole con un approccio diverso, che mette davvero al centro la persona migrante.

Nella Sala Gilda Trisolini di Palazzo Alvaro, il seminario “Il caporalato. Storie per comprenderlo e strategie per affrontarlo”, organizzato dalla Cooperativa Sociale Demetra – partner del progetto con capofila calabrese la Cooperativa Sociale “Agorà Kroton” e capofila nazionale la Flai-Cgil – ha messo a confronto la rete creata nella Città Metropolitana di Reggio Calabria.

“Abbiamo tentato di trasmettere al gruppo il nostro modello di approccio olistico alla persona”, ha spiegato Cristina Ciccone, presidente della Demetra, parlando di percorso ad autonomia crescente per spiegare come il lavoratore viene sempre coinvolto nel progetto di rafforzamento delle abilità e miglioramento della propria vita.

Cuore del seminario è stata la presenza di Marco Omizzolo, sociologo Eurispes, docente alla Sapienza di Roma e scrittore. Uno che di migrazioni e sfruttamento del lavoro non ha certo imparato solo sui libri, ma sulla propria pelle, diventando un bracciante agricolo per tre mesi, vivendo per un anno e mezzo nelle baracche con gli indiani che faticavano nei campi a Latina, incrociando in quegli ambienti le mafie ed inseguendo fino in India i trafficanti di essere umani. Doveva scrivere una tesi di dottorato, ma quel mondo non è più riuscito ad abbandonarlo perché, ha detto, “ho incontrato persone, non invisibili o clandestini, ho incontrato persone, uomini e donne, non braccia”, smascherando il “desiderio e progetto antropologico concreto, da parte del padrone, di togliere dignità alle persone al solo fine dell’arricchimento”.

Una violazione sistematica dei diritti umani con lavoratori costretti a stare in ginocchio 14 ore a raccogliere ortaggi, tutti i giorni, o costretti ad assumere sostanze dopanti per reggere la fatica; donne violentate, filmate e ricattate per costringerle a non parlare. Quindici anni di storie, viste, vissute e denunciate da Marco Omizzolo nelle procure e nei suoi libri, dove si legge anche dell’incredibile incontro col prefetto che gli rispose che, altro che campi, lui gli indiani li aveva visti solo nei film di John Wayne, o il graduato, esperto di caporalato e sfruttamento, collaboratore di un magistrato, che gli parlò di uno studio scientifico che prova come, geneticamente, gli stranieri non sudano, quindi non faticano e possono lavorare 14 ore di fila.  E allora, dice Omizzolo, occorre una risposta cristallina dello Stato perché ancora oggi “troppi braccianti che denunciano il padrone/padrino restano in una condizione di isolamento e perché troppe poche amministrazioni si costituiscono parte civile in quei processi lasciando sole le associazioni e i sindacati”.

Gli indirizzi su cui si muove la Città Metropolitana sono stati tracciati da Domenico Mantegna, Consigliere delegato alle Politiche del lavoro, sociali e del welfare: maggiore impulso al Tavolo permanente di contrasto al caporalato istituito presso la Regione Calabria e utilizzo dei beni confiscati per l’emergenza abitativa dei braccianti. Il limite di queste azioni è stato, però, evidenziato dal Sindaco facente funzioni, Carmelo Versace, il quale ha rimarcato come la Città metropolitana di Reggio Calabria sia l’unica a livello nazionale a non avere assegnate dalla Regione molte deleghe in materia sociale, del lavoro, ambiente ed agricoltura, con una conseguente carenza di operatività e risorse. Per Versace assume, quindi, ancora maggiore rilevanza l’azione suppletiva svolta dal terzo settore.

Ci ha pensato Stefano Lo Iacono, Coordinatore regionale Di.Agr.AMMI Sud, a ricostruire l’iter di un complesso lavoro di progettazione che, in pochi anni, ha dovuto confrontarsi con tre diversi contesti normativi passando dal primo Decreto sicurezza, al Decreto Lamorgese e infine a quello Cutro. Fondamentale è stato il contributo della Flai-Cgil, la Federazione lavoratori agro-industria, presente col suo segretario generale Nicola Rodi, che ha messo a disposizione le proprie sedi per creare i Pass (Punti di accesso alle attività e servizi), luoghi protetti dove i braccianti hanno potuto ricevere assistenza e informazioni, dopo il primo contatto con gli operatori nei campi, nella tendopoli di San Ferdinando e negli altri luoghi di sfruttamento. Per centinaia di persone abituate solo alla fatica ed all’oppressione, si è aperto un varco di accoglienza e soddisfacimento del loro bisogno di apprendere la lingua italiana, ottenere un documento di identità o un permesso di soggiorno e imparare cose nuove come potare, guidare un trattore, curare le piante. In parallelo, l’attività di sensibilizzazione e prevenzione è stata rivolta alle imprese agricole, che hanno accettato di entrare nella Rete del lavoro agricolo di qualità aderendo alla formazione ed accogliendo poi i braccianti per esperienze di lavoro.

“Non esiste solo il lavoro nero – ha ricordato Agostino Martino, responsabile del Progetto Di.Agr.AMMI per la Cooperativa sociale Demetra – c’è il lavoro grigio che costringe le persone a lavorare il doppio di quello che risulta nei contratti di lavoro o ad accettare condizioni al di fuori di ogni regola”. E poi ci sono anche i falsi amici ad assediare chi fatica in agricoltura, come quegli avvocati senza scrupoli che chiedono cifre inaccettabili per un ricongiungimento familiare o un permesso di soggiorno.  E’ facile comprendere, quindi, quale contributo di impegno, serietà ed umanità sta portando in Calabria ed in tutto il Meridione il Progetto Di.Agr.AMMI e tutta la rete di specialisti e operatori caparbiamente al fianco dei braccianti.

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